“Per fare un albero, ci vuole un fiore”…ricordate questa canzone? Una canzone per bambini che voleva comunicare come il rispetto per la natura (e gli alberi) sia fondamentale. Peccato che nonostante intere generazioni abbiano ascoltato questa melodia il messaggio sia passato inosservato.
È sconfortante pensare che, nonostante ci si trovi nel 2020, in nome delle tradizioni natalizie gli abeti vengano sacrificati per decorare le case per tre settimane. Questa abitudine potrebbe essere corretta attraverso la comunicazione istituzionale, che dovrebbe spingere verso una coscienza ecologista.
Ma è proprio il comportamento delle istituzioni il più grave: sono le stesse amministrazioni a gareggiare per acquistare l’albero più maestoso da esibire in piazza. Così esseri senzienti che hanno impiegato decine di anni a crescere vengono utilizzati come strumento di consenso popolare.
É il caso di “Spelacchio”, l’albero di Piazza Venezia del 2017. Ma ci sono altri esempi pessimi. Ecco una breve lista:
Esemplari giganteschi, secolari, vengono installati poi a Betlemme in Piazza della Mangiatoia, presso la Casa Bianca, a Madrid a Puerta del Sol, a Lisbona in Praça do Comércio, a Londra a Trafalgar Square, a Parigi, a Berlino.
Sono solo crudeltà ingiustificate nei confronti di esseri che, come racconta Stefano Mancuso nel saggio “Verde brillante”, sono in grado di ricordare, fare delle scelte, scambiarsi informazioni e comunicare con gli animali.
Basta con il sacrificio degli abeti in nome delle tradizioni Natalizie! Esistono soluzioni bellissime ed etiche per festeggiare il Natale.
Un altro Natale è possibile! Ricordiamocelo il prossimo anno.