Ogni anno, (solitamente a gennaio) grazie ai report diffusi da vari enti, torna in auge il tema dell’inquinamento degli ecosistemi marini. Questa occasione è spunto anche per parlare di progetti positivi, volti a risolvere il problema della plastica in mare.
Recentemente, ad esempio, si parla di The Ocean Clean up, startup olandese che ha messo a punto diversi sistemi per ripulire il nostro “oro blu”, come il battello a energia solare Interceptor, un mezzo molto innovativo. Il battello, infatti, oltre a utilizzare fonti rinnovabili, ha il compito di ripescare i rifiuti direttamente dai letti dei fiumi, prima che confluiscano in mare.
E si parla anche di Blue Eco Line, startup guidata da cinque ragazzi toscani che ha messo a punto un impianto di filtraggio da installare sugli argini dei fiumi e guidato da AI. Tale impianto potrà essere monitorato attraverso una dashboard, la quale comunicherà alle amministrazioni pubbliche quando è il momento di sostituirlo con uno nuovo.
Queste e altre iniziative per il recupero e il riciclo della plastica, però, da sole non bastano a ridurre il nostro impatto sugli ecosistemi acquatici.
La plastica non scompare: si sminuzza solo in parti sempre più piccole. E la cosa più scandalosa è che siamo così assuefatti alla sua presenza che continuiamo a produrre 396 tonnellate di materiali plastici all’anno. In termini più semplici? Dividiamola per il numero di abitanti della Terra: il risultato è 53 kg di plastica per individuo all’anno. Non creiamoci illusioni sul riciclo: poco più del 20% di questi materiali viene incenerito o riutilizzato, mentre il resto finisce in mare.
Un mare di plastica che ammonta a 150 milioni di tonnellate e che uccide ogni anno un milione e mezzo di animali, tra balene, uccelli, tartarughe e pesci. La morte avviene nei modi più atroci: le microplastiche vengono scambiate per cibo e si accumulano nell’apparato digestivo, mentre i pezzi di plastica più grossi strangolano o feriscono i malcapitati. Continuando così, nel 2050 il livello della plastica in mare supererà il numero dei pesci.
È vero che nel 2019 è stato approvato il divieto di vendere plastiche monouso, ma ciò non toglie che tali materiali (che sono i primi a finire in mare e sono il 49% della massa di rifiuti) siano ancora presenti nelle case. C’è ancora molto da fare per giungere a un’economia della riduzione e del riuso. La responsabilità è prima di tutto di ognuno di noi.